mercoledì 24 agosto 2011
POVERE, MA BELLE. DONNE TRA CAMBIAMENTI REALI E SLOGAN POLITICAMENTE CORRETTI
La condizione della donna nella società italiana è segnata da profonde
contraddizioni. Se da un lato il nostro Paese è caratterizzato da un forte innalzamento del
livello di scolarizzazione femminile, ormai superiore a quello maschile, dall’altro lato
persistono segnali di ritardo: un notevole squilibrio che vede le donne concentrarsi
prevalentemente nelle discipline umanistiche; la scarsa presenza femminile nel mondo del
lavoro e, ancor più, nelle posizioni di rilievo, nelle aziende e nella politica; la carenza di
politiche di sostegno alle famiglie e di politiche volte a favorire la conciliazione; una delle
medie di figli per donna più basse d’Europa. La partecipazione delle donne al mercato
del lavoro è ancora costellata da differenziali di genere notevoli nell’accesso, nella
permanenza e nel rientro nel mercato del lavoro dalla maternità che continua a
rappresentare un fattore fortemente discriminante e l’origine principale dello
scivolamento verso l’inattività.
Una donna su 9 nel 2006 è uscita dal mercato del lavoro in seguito alla maternità; in
due terzi dei casi la ragione è costituita dalle necessità di cura dei figli, in un terzo dei casi
da motivazioni legate alla tipologia di contratto di lavoro. La nascita di un figlio si
configura, ancora per numerose donne, come la principale causa di abbandono
temporaneo o definitivo del mercato del lavoro. Non a caso i lavoratori part time sono
per oltre l’80% donne, molto spesso costrette a questa scelta, sacrificando le prospettive
Il quadro generale, con lo scarso utilizzo dei congedi parentali da parte dei padri, di carriera ed il livello retributivo.conferma la resistenza culturale verso il superamento di una divisione di ruoli rigidamente
dicotomica, ma va spiegato anche tenendo conto dello svantaggio economico per la
coppia derivante dal fatto di rinunciare al 70% del salario più elevato, costituito, appunto,
generalmente, da quello maschile. Diversamente, nei paesi scandinavi, dove si ha diritto
al 100% dello stipendio durante tutto il primo anno di congedo, la percentuale di padri
che fa uso dello strumento è aumentata.
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