giovedì 12 luglio 2012

Stare bene con se stessi per poi stare bene con gli altri



Scritto da Fausto in Evoluzione&Consapevolezza
Frase che abbiamo sentito o ci siamo ripetuti almeno un milione di volte, ma che non è semplice da applicare. Molte volte è più semplice star bene con gli altri, fuori, in mezzo alla gente, per poi tornare a casa “nel nostro nido”, nel luogo dove finalmente possiamo distenderci e ci sentiamo al sicuro. E dove siamo finalmente noi stessi, e ci accorgiamo che la bella giornata passata non è stata poi così bella, che ci sono tante cose che non vanno. Ma ci accorgiamo anche che le sensazioni nascono da dentro di noi, gli eventi della giornata non hanno influito al nostro malessere!
Capita di non essere pienamente consapevoli di questo stato, inconsciamente lo si sfugge non volendo mai rimanere da soli e ci si adatta alla frenesia di tutti i giorni e la casa diventa solo il posto dove andare a dormire. Stare bene da soli è un obiettivo importante per ognuno di noi!
Solo se riusciamo a non essere “dipendenti” dagli eventi che ci accadono, riusciremo ad essere noi a guidare la nostra vita. Facciamo un esempio: è venerdì sera e Francesco chiama Carlo per la solita serata tra amici, Carlo ha voglia di leggere, di stare un po’ con se stesso, per riflettere, steso finalmente sul divano, dopo una settimana di “tour de force”, ma sa che se comunica a Francesco questa sua volontà non verrebbe capito, rinunciare a una serata tra amici davanti a una birra “solo” per leggere…
Questo è un chiaro esempio di come la nostra vita venga condizionata da eventi esterni senza che noi ce ne accorgiamo direttamente, non ci va di fare una cosa ma la facciamo ugualmente per la paura di deludere, o per la paura che gli altri credano di noi che siamo asociali e che magari la prossima volta non ci chiameranno più. E preso da mille dubbi Carlo alla fine uscirà con Francesco e non gli esprimerà neanche la sua voglia di passare il venerdì sera con SE STESSO.
Il tempo per noi stessi invece è fondamentale, ma a sua volta è anche quello che trascuriamo di più, e questo non solo prima o poi intaccherà noi ma anche i rapporti esterni.
Noi non daremo a noi le nostre certezze.
Noi non ci vizieremo quando ne abbiamo bisogno.
Noi non raggiungeremo il nostro stato di vero benessere, di vera “Indipendenza”.
E così lo cercheremo negli altri che non sempre sono pronti a dare quello di cui noi abbiamo bisogno! Questi sono bisogni che sono dentro di noi, e che vanno assolutamente soddisfatti per essere ogni giorno motivati e pronti a ogni evento che la vita ci propone. Se stiamo bene con noi stessi miglioreremo anche i rapporti sociali, non chiederemo agli altri di colmare le nostre mancanze ma sarà solo un dare… dare… dare!
Senza aspettarci niente in cambio, come dovrebbe essere, così che se avremo un ritorno sarà un qualcosa di più e noi saremo felici; e se non ci sarà questo ritorno noi staremo bene ugualmente, perché la ricetta del benessere sta dentro di noi!
Un Saluto di Luce

MAngia che Ti Passa !





Il rapporto  che ciascuno ha  con il cibo ha origini nell’infanzia.Il cibo puo’ essere semplicemente usato per nutrirsi e assunto quando si ha fame oppure avere un altro ruolo legato agli stati emotivi( il cibo come gratificazione, conforto, sostituto dell’affetto, arma di ricatto, di offesa).
Penso che sia capitato a tutti di desiderare un particolare piatto che ci ricorda e ci fa rivivere determinati momenti piacevoli,il luogo in cui siamo cresciuti….
Questi cibi vengono chiamati soul food,cibi dell’anima.
Personalmente, per esempio, il riso e latte mi ricorda alcuni momenti gioiosi dell’infanzia.Ci sono poi i ‘comfort food’ cioe’ tutti quei cibi che ci gratificano e ci consolano Secondo una ricerca quando siamo contenti il primo cibo della lista che scegliamo per gratificarci e’ il gelato seguito dal cioccolato mentre se siamo tristi le donne  scelgono biscotti e gli uomini pizza e bistecca.
Il tipo di comfort food scelto quindi dipende dal tipo di emozione.Per esempio, le persone annoiate si fiondano su un sacchetto di patatine mentre per calmare l’ansia i carboidrati( pasta…) danno un senso di tranquillità e di benessere, perché contribuiscono ad elevare il livello di serotonina nel sangue.
PERCHE’ IL CIBO CI FA SENTIRE MEGLIO?
 
Il primo approccio col cibo appena nati e’ legato al nostro contatto con la madre che ci allatta e che ci tiene in braccio( l’allattamento al  seno o col biberon non ha importanza in se’ ma e’ il contatto che ci comunica l’equazione cibo/amore).
Questa equazione si rinforza via via quando ci vien data una caramella o un dolce per premiarci,consolarci.Questo accade nell’infanzia e si ripete nella vecchia.
Avrete notato,se siete a contatto con una persona anziana,che la sua giornata e’ scandita dai pasti.Gia’ ore prima di pranzo o cena l’anziano aspetta ed entra in ansia se si ritarda.
L’abitudine di ricorrere al cibo per consolarsi nei momenti di stress puo’ diventare potenzialmente problematica e sfociare in un rapporto distorto col cibo.Il vuoto che spesso sentiamo nella nostra vita quotidiana viene riempito col cibo che e’ nient’altro che il sostituto di qualcosa d’altro…un abbraccio,una parola amica,l’amore di qualcuno,essere accettate/i.
Si compensa la mancanza di calore introducendo calorie.Se manca qualcosa ALLA BASE cosa possiamo fare? Come cambiare la situazione?
Ogni cosa che ci succede ci fa reagire.IL fatto in se’ e’ neutro.E’ il nostro atteggiamento che da’ il colore positivo o no a cio’ che ci succede.
Agire con consapevolezza invece che semplicemente RE-AGIRE fa parte di un percorso di crescita e spesso nessuno ci ha insegnato come porci di fronte agli altri,come
dialogare con se stessi,come utilizzare le nostre capacita’ per migliorare la qualita’ della nostra vita e dei nostri rapporti personali.  
Spesso  i comfort food ,
come vengono  chiamati, sono la risposta a stati d’animo quali:
la rabbia .Siamo arrabbiate/i con qualcuno,per qualche situazione o con noi stesse
 Il cibo in questo caso impedisce di affrontare la rabbia attutendola col cibo.E’ piu’ facile mangiare qualcosa  ( passività) che attivarsi per risolvere quello che non va.
apatia,impotenza .Ci sentiamo come se qualsiasi cosa facciamo le cose rimarranno come prima o peggioreranno,Questo atteggiamento e’ tipico di uno stato depressivo se persiste.Il cibo in questo caso riempie un vuoto emotivo e cosi’riempiamo lo stomaco
mancanza di controllo.Si ha la sensazione di non avere in mano  la propria vita,Altri o le situazioni decidono al posto nostro.Allora almeno sul cibo cerchiamo di  avere il controllo decidendo quando e quanto mangiare
sentirsi poco apprezzate /i per quello che facciamo a casa,sul lavoro.
Vorremmo che qualcuno notasse il nostro impegno e ci facesse i complimenti.Allora compensiamo col cibo o spesso coi dolci.Giusto fare a se stesse un complimento,trattarsi bene,prendersi cura di se’.Se questo pero’ diventa l’unico modo…..
noia Accade spesso di avere dei vuoti,dei tempi morti,di trovarsi da sole/i con se stessi,
Non troviamo niente da fare,nessuno ci chiama.Non c’e niente che occupi la nostra mente se non pensieri negativi,Il cibo allora diventa il sostituto della compagnia e ci aiuta a passare il tempo.
LA FAME EMOTIVALa fame emotiva non ha nulla a che fare con il senso reale di fame ma riguarda il’come ci si sente’.
Si usa il cibo o un particolare cibo per superare un disagio. perche’ si ha l’impressione di ‘prendersi cura di se’’
Il quando si presenta questa fame e’ assolutamente soggettivo (nel pomeriggio, alla sera, prima o dopo cena, oppure, in modo intermittente, nel corso della giornata).Il sollievo e’ temporaneo perche’ quando si termina  il gelato o il dolce di solito ci si arrabbia con se stessi o ci si sente in colpa per aver mangiato o ci si sente una frana fino a odiare la propria immagine riflessa nello specchio.
Perche’ allora lo si fa? per distrarsi temporaneamente dalle proprie emozioni negative.

FONTE:
http://counseling.piuchepuoi.it/55/pianeta-cibo-mangia-che-passa

Una proteina ci rovina il sorriso E' causa della formazione della placca


La placca che si accumula sui denti è la nemica numero uno della salute e della bellezza del nostro sorriso. Fonte di disperazione per milioni di persone che la "combattono" a colpi di spazzolino, dentifricio e pulizia dal dentista, ora è un po' meno misteriosa e in prospettiva più facile da eliminare. E' stata individuata infatti una proteina responsabile del suo accumularsi sui denti, con tutte le conseguenze nefaste che ben conosciamo, tra cui la carie.  
Un team di chimici dell'università americana UC San Diego l'ha "scovata" in un batterio chiave nella formazione della placca. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista "Proceedings of National Academy of Sciences", la super proteina è stata rilevata nel batterio Treponema denticola, in grado di aderire alle centinaia di tipi diversi di altri batteri che popolano le cavità orali delle persone.  

Questa molecola, unica nel suo genere, ha una straordinaria capacità di modificarsi.  "Da un milione a un miliardo di volte più variabile - spiegano gli autori dello studio - delle proteine che svolgono un ruolo primario nel sistema immunitario dei vertebrati, l'unico altro sistema naturale conosciuto per variazione di massa proteica". Per questo motivo la proteina è stata ribattezzata 'Treponema variable protein' (TvpA). 

Non è ancora noto quale sia il suo effettivo ruolo, ma Partho Ghosh, autore della ricerca spiega: "La nostra ipotesi è che la TvpA permetta al batterio di aderire al biofilm (o placca dentale) che esiste nel cavo orale. Abbiamo il sospetto  che utilizzando la grande capacità di variabilità della proteina, il batterio è in grado di trovare la variante giusta capace di aderire a qualsiasi altro batterio già presente nel biofilm del cavo orale. Così da formare i primi tasselli della placca". 
(http://www.tgcom.mediaset.it/)

Per dimagrire non bisogna saltare i pasti


Dopo le abbuffate  molti avranno la tentazione di saltare i pasti per cercare di perdere gli eventuali chili in più: si tratta di un gesto da evitare.
A questo proposito Pietro Migliaccio, docente di scienza dell’alimentazione all’università Sapienza di Roma spiega
anche se la maggioranza degli italiani in questi giorni ha messo su mediamente dai 2 ai 4 chili, è importante non farsi prendere dalla smania di far crollare in un baleno l’ago della bilancia. Lediete rigide, i digiuni e i salti di pasto sono infatti controproducenti. E inutili. In breve tempo si riprendono tutti i chili di troppo. Con gli interessi.
…..
Il salto del pasto nuoce e non favorisce il dimagrimento. Si rischia l’effetto “rimbalzo”. Quello che bisogna fare è invece seguire una dieta di tipo mediterraneo, ipocalorica ed equilibrata. L’ideale è una prima colazione a base di latte o the, con 40 grammi di pane o fette biscottate. Carne bianche, e soprattutto pesce, a pranzo e cena. Accompagnate da molta verdura, condita però con poco olio.
….
Questi giorni possono rappresentare l’occasione giusta per lasciarsi alle spalle le cattive abitudini e sposare uno stile di vita corretto, all’insegna del mangiar sano e dell’attività fisica. Non si devono fare sforzi eccessivi l’ideale è 30-40 minuti al giorno di corsetta leggera. Poco più veloce di una camminata

(FONTE: http://fitnessblog.girlpower.it/)

http://www.blogger.com/home


Allenare la mente per proteggerla dall'invecchiamento e dal potenziale insorgere di patologie: sono moltissime le persone che si dedicano a parole crociate, sudoku, rebus e videogiochi "mentali" per mantenere elastica la memoria e contrastare il rallentamento delle funzioni mentali: eppure, secondo gli esperti, sono più utili altre forme di esercizio, come calcolare l'età che avrebbero personaggi famosi scomparsi, o ricordare dove ci si trovava in un determinato passaggio storico. 
Sono i consigli degli esperti riuniti recentemente a Roma per un convegno promosso dall'Osservatorio Sanità e salute e dedicato alla ginnastica per la mente. Secondo gli studiosi giocare a carte, fare cruciverba o risolvere gli schemi del sudoku non è sufficiente a tenere il cervello in esercizio e contrastarne la degenerazione legata all'invecchiamento o a prevenire l'Alzheimer. ''Gli esercizi devono essere applicabili nella vita quotidiana e aiutare i processi cognitivi e di memoria in modo olistico'' spiega Stefano Zago, docente di Riabilitazione congitiva nell'anziano alla Statale di Milano. Ecco allora che ''far calcolare a un soggetto l'età che avrebbe adesso ad esempio Gianni Agnelli'' non solo aiuta a fare i conti, ma mette in moto altri processi: ad esempio ci si mette a confrontare ''quanti anni si hanno in più o in meno del personaggio scelto". Si tratta di giochi logici molto diversi dai videogiochi che si trovano in commercio o su internet e che si limitano a stimolare il cervello su compiti specifici: questi giochi servono a poco per migliorare l'efficienza cognitiva generalizzata. 

Al di là del tipo di esercizio che si sceglie, su un aspetto non ci sono dubbi possibili: per mantenere il cervello giovane è bene guardare poca tv, che è un esercizio ''passivo'', dedicarsi ad una attività fisica costante nel tempo e, ovviamente, adottare stili di vita sani. E, ultimo ma non meno importante, tenere "allenate" anche le relazioni sociali. 

http://www.tgcom.mediaset.it

mercoledì 11 luglio 2012

Al mare con l’iPad: in Riviera nasce la “tecnospiaggia”



Dimenticatevi il giornale in spiaggia. È cosa d’altri tempi. Certo, sdraiati sotto l’ombrellone con in mano un bel gelato o una bibita fresca, le preoccupazioni sono quelle di sempre: Julio Cesar andrà al Milan? Balotelli riconoscerà suo figlio? Niente paura, il calcio mercato e i gossip dell’estate potete seguirli tranquillamente, ma sull’iPad. E senza spostarvi dalla spiaggia, s’intende. È la nuova frontiera delle vacanze. Hi-tech e relax. I lidi italiani sono sempre più tecnologici, e presentano una copertura di rete sempre più veloce, ma, soprattutto, gratis. Capolista di questa nuova tendenza è la Riviera Romagnola che da quest’anno sperimenta la “tecnospiaggia”.

Fai più di quanto viene richiesto, li stupirai!

Molti cercano di impegnarsi il meno possibile. Di lavorare il meno possibile. Di fare il minimo sindacale. Di non fare nulla oltre lo stretto necessario. Perché non amano ciò che fanno. Perché sono pigri, svogliati. Perché pensano che sia inutile. O perché pensano che impegnarsi di più sia inutile.
Il mio consiglio è invece di fare più di quanto viene richiesto. Appunto perché sono in pochissimi a farlo, chi non si limita all’indispensabile, ma fa un passo oltre emerge subito nella massa. Chi ti consegna il mobile il giorno prima del previsto; chi ti dà un bonus oltre a quanto pattuito; chi finisce il lavoro in anticipo; chi offre qualcosa in più allo stesso prezzo è raro, rarissimo. E non passa inosservato.

Non riconosci il figlio? Devi pagare i danni morali anche a 40 anni di distanza



Un padre che non riconosce il proprio figlio naturale deve risarcirlo per il mancatomantenimento anche a quaranta anni di distanza.
A decretarlo è stata laCassazione attraverso lasentenza 5652 del 2012, confermando la decisione della Corte di Appello di Catania che aveva concesso 25mila euro di liquidazione a un figlio che quasi mezzo secolo prima non era stato riconosciuto dal padre. Il figlio ha avuto una vita piuttosto difficile, caratterizzata anche da condanne penali, prima di costruire una famiglia propria, e aveva fatto ricorso al tribunale in quanto riteneva che tutte le sue vicissitudini negative scaturissero dalla situazione di profonda indigenza in cui l’abbandono del padre l’aveva costretto a vivere.Leggi il resto di questo articolo »

Mantenimento Figli: se maggiorenni non è più dovuta l’assistenza morale.



Se il figlio non autosufficiente ha raggiunto la maggiore età,  fatto salvo l’obbligo di mantenimento economico, per il genitore cessa l’obbligo di assistenza morale del ragazzo.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione che con la sentenza n. 12306 del 2 aprile 2012, rafforza anche il concetto di divieto d’ingerenza nella vita del ragazzo dopo il compimento della maggiore età e conseguente acquisizione della capacità giuridica.Leggi il resto di questo articolo »

Sali, tè e peeling: i tuoi “modellanti”




Rinforzano il tessuto connettivo, danno elasticità alla pelle e tonificano le pareti dei vasi sanguigni. Sono i sali di Schuessler, particolari sali minerali in diluizioni omeopatiche, che -  in sinergia con tè verde e peeling – agiscono come catalizzatori delle reazioni biochimiche cellulari, regolarizzandole.Leggi il resto di questo articolo »

L’acqua che fa bene: otto buone ragioni per una corretta idratazione


Bere in quantità adeguate vuol dire garantire salute al corpo. Ma anche riconquistare la linea. Con le temperature che si raggiungono in queste giornate diventa ancora più importante assumere la giusta quantità di liquidi per mantenere idratato il nostro corpo. Quando abbiamo lo stimolo della sete siamo già disidratati: basti pensare che con una disidratazione del 2% l’organismo non è più in grado di regolare la sua temperatura corporea.
I bambini e gli anziani sono i più a rischio, perché lo stimolo della sete non è ancora ben sviluppato nei primi e si attenua con l’età nei secondi. L’organismo non possiede riserve d’acqua e per questo è necessario rifornire il nostro corpo bevendo tanto e mangiando cibi come frutta e verdura, che contengono una notevole quantità di acqua. Ecco cos’altro possiamo fare per migliorare la nostra salute semplicemente bevendo acqua nel modo corretto.Leggi il resto di questo articolo »

Abbronzatura al top con albiccocche e melone



Il primo obiettivo del mese è difendere la pelle dalle aggressioni estive e prepararla per il sole. Per questo vi voglio parlare di due frutti protagonisti di luglio: l’albicocca e il melone. Le albicocche saporite e vellutate, sono una miniera di betacarotene. Meglio sceglierle mature ma compatte, quando il loro colore è giallo-arancio intenso. I frutti acerbi si riconoscono facilmente per le sfumature verdi o giallo chiaro. Si conservano per poco tempo: in frigorifero durano al massimo 3-4 giorni. Oltre ad essere un ricostituente e un equilibrante nervoso, le albicocche sono utilizzate in cosmesi naturale per la cura del corpo: l’olio ottenuto dai noccioli è molto efficace nel trattamento delle smagliature della pelle e delle rughe. Il melone è un frutto prevalentemente acquoso, dissetante e diuretico. Alle varietà a polpa bianca, più povere di vitamine e minerali, meglio preferire quelle a polpa gialla, straricca di betacarotene. Vediamo in modo più preciso le proprietà e i benefici di questi due gustosi frutti.Leggi il resto di questo articolo »

Gambe gonfie e pesanti?




L’insufficienza venosa è un problema molto diffuso che può diventare cronico. Impariamo a prevenirla...Il 31% degli italiani dichiara di soffrire di gonfiore, dolore e pesantezza delle gambe; le donne hanno un’incidenza doppia rispetto agli uomini. Il disturbo, chiamato insufficienza venosa, aumenta con l’avanzare dell’età a causa della perdita di elasticità delle pareti delle vene che costituiscono la causa primaria di questa patologia. Anche a livello europeo il quadro si presenta critico: circa il 21% della popolazione totale ne soffre. Costituisce inoltre un preoccupante campanello d’allarme il fatto che alcuni studi hanno dimostrato che il disturbo è presente anche nei bambini, in età compresa fra i 6 e i 10 anni.
Che cosa è l’insufficienza venosa
Si tratta di un disturbo del sistema venoso degli arti inferiori: la pressione del sangue fa sì che, in alcune persone, le vene superficiali diventino visibili (come vene varicose). Questa dilatazione provoca un alterato funzionamento delle valvole che non si chiudono e aprono in modo corretto oppure restano più o meno aperte. In questo modo il sangue “ristagna” nelle gambe e non viene più reintrodotto nel sistema circolatorio. Se non si ricorre a una terapia e a uno stile di vita adeguati, il disturbo può cronicizzarsi
Le cause
La sedentarietà, restare molto tempo seduti, un’alimentazione trascurata, l’obesità, i cambiamenti ormonali, il caldo eccessivo, la gravidanza (ma in questo caso nella maggior parte dei casi il disturbo è legato alla temporaneità della situazione) sono le cause principali dell’insufficienza venosa che può risolversi e migliorare, seguendo uno stile di vita più sano. Anche l’uso della pillola anticoncezionale può, in alcuni casi, causare questo tipo di disturbi: è bene rivolgersi al proprio ginecologo per un consiglio.
I sintomi
Oltre al gonfiore, al dolore e al senso di pesantezza, altri sintomi sono: gonfiore localizzato al di sotto delle caviglie, vene che affiorano, gambe rigide, formicolio, prurito e crampi al polpaccio.
Stagionalità
Sono i periodi caldi (estate e primavera) e la fine della giornata, i momenti nei quali il disturbo si presenta con maggiore intensità: gonfiore, pesantezza, senso di stanchezza, dolore sono i sintomi classici dell’insufficienza venosa.
Gli esami da fare
La flussimetria (ecodoppler) è l’esame specifico per valutare l’insufficienza venosa e consiste nella misurazione della velocità del sangue all’interno delle vene, delle arterie e del cuore, attraverso gli echi prodotti da un fascio di ultrasuoni. Si tratta di un esame non invasivo, rapido (massimo 30 minuti) che dà immediatamente il risultato.
Come prevenire e alleviare la pesantezza alle gambe
  • camminare ogni giorno (almeno 20/30 minuti)
  • evitare di stare seduti troppo a lungo specie con le gambe accavallate: alzatevi dalla scrivania, fate qualche passo, muovete le gambe; nel caso usate una pedana che tenga sollevati i piedi
  • al termine della giornata è bene immergere le gambe in acqua fredda e poi tenere per qualche minuto le gambe in verticale
  • massaggiare le gambe con gel rinfrescanti
  • fate le scale a piedi con passo deciso sia salendo che scendendo
  • se siete al mare, passeggiate nell’acqua fino a mezza coscia
  • mangiate cibi poveri di sale
  • assumete in modo regolare molte fibre, liquidi (spremute, tisane e acqua), frutta e verdura (banane e patate sono ottimi perché ricchi di potassio), vitamina C (kiwi, pompelmi, peperoni, frutti di bosco)
  • preferite il pesce e le carni bianche
  • evitate alcolici e bibite gassate
  • riducete il vostro peso (se avete chili di troppo)
  • indossate scarpe comode e con un tacco non superiore ai 3-4 cm
  • dormite con le gambe un po’ sollevate (mettete un cuscino sotto il materasso sul fondo dei piedi)
  • fatevi fare dei massaggi linfodrenanti che favoriscono la circolazione sanguigna e linfatica
Come curarla
Per curare l’insufficienza venosa la natura viene in aiuto con alcune piante che hanno un effetto curativo. La vite rossa, ad esempio, grazie ai flavonoidi contenuti nelle sue foglie, rafforza le pareti dei piccoli vasi attenuando gonfiore e senso di pesantezza; la centella svolge un’azione di protezione nei confronti dei capillari migliorando la fragilità dei capillari e la permeabilità; il cuscus aculeatus svolge un’azione vasoprotettiva aumentando la resistenza delle pareti venose; il ginko biloba inibisce il rilascio dei radicali liberi, diminuisce la permeabilità endoteliale e il rilascio di enzimi e mediatori dell’infiammazione.
Alcuni esercizi di ginnastica
ESERCIZIO 1. Riscaldamento. In piedi, con le gambe divaricate e i piedi in linea con le spalle. Sollevare lentamente le spalle, tenerle sollevate per un momento, poi riabbassarle. Ripetere l'esercizio diverse volte. Per rilassare le spalle, ruotarle all'indietro e poi in avanti, prima con una spalla alla volta, poi con entrambe. Nella stessa posizione: stendere diagonalmente la mano destra il più possibile verso l'alto e verso sinistra. Mantenere la posizione per un momento, quindi riabbassare il braccio. Ripetere tre volte per ciascun braccio.
ESERCIZIO 2. Allungamento dei muscoli delle gambe. In piedi di fronte ad una parete o allo stipite di una porta, a una distanza di circa un metro. Fare un passo avanti con una gamba e appoggiare il palmo delle mani contro la parete. La parte superiore del corpo è sostenuta anche dagli avambracci. La parte che sta dietro è allungata, il piede poggia saldamente per terra. Sporgersi in avanti finché non si avverte una tensione nei muscoli del polpaccio. Mantenere questa posizione per dieci secondi, poi cambiare gamba. Ripetere l'esercizio tre volte per ciascuna gamba. Non dimenticare di "sciogliere" le gambe per rilassarle.
ESERCIZIO 3. In piedi con piedi e gambe unite. Stendere le braccia in avanti e sollevarsi in punta di piedi. Mantenere la posizione per cinque secondi, quindi riabbassare i talloni sul pavimento. Ripetere l'esercizio dieci volte. Se si riesce, cercare di abbassare i talloni senza toccare il pavimento, molleggiandosi su e giù. Rilassare le gambe: trasferire il peso sul piede destro, sollevare il tallone sinistro. Ora ruotare il tallone sinistro e abbassare la gamba sopra il cuscinetto plantare. Cambiare gamba.
ESERCIZIO 4. Sedersi sul pavimento e avvicinare le gambe al corpo. Afferrare le ginocchia con le mani e spingere sulle gambe per divaricarle il più possibile. Se si riesce, spingere con le gambe contro le mani. E' sufficiente ripetere l'esercizio cinque volte per dieci secondi ogni volta. Quindi allungare e "sciogliere" le gambe.
Un progetto di prevenzione gratuita
In un ottica preventiva promossa da Boheringer Ingelheim in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele di Milano, nell’ambito della sesta edizione del “Progetto Antistax Benessere delle gambe 2007” sarà possibile sottoporsi a visite specialistiche presso un apposito stand allestito ad ambulatorio, all’interno della stazione ferroviaria di Napolidal 14 al 27 maggio con il seguente orario: dal lunedì al venerdì, dalle 14 alle 19 e il sabato e la domenica dalle 9 alle 13. Il progetto proseguirà a Roma presso la Stazione Termini dal 29 maggio all’11 giugno e si concluderà a Milano alla Stazione Centrale dal 13 al 26 giugno.
Le visite non necessitano di prenotazione e prevedono un esame con ecodoppler e la presenza di specialisti. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito:
www.antistax.it

BULIMIA

La bulimia è un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) simile per certi versi e in genere strettamente associato all'anoressia. Clinicamente la bulimia è caratterizzata da episodi in cui il soggetto sente un bisogno impulsivo ed irrefrenabile di assumere enormi quantità di cibo, correlati dalla spiacevole sensazione di non essere capace di controllare il proprio comportamento.
Si distinguono due tipi di bulimia, a seconda che il soggetto pratichi o meno condotte di eliminazione, come il vomito autoindotto l'uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.
Nella bulimia senza condotte di eliminazione il soggetto adotta regolarmente comportamenti compensatori inappropriati, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all'uso eccessivo di lassativi, diuretici o enteroclismi.
È importante comprendere cosa differenzia la bulima da una una normale abbuffata, intesa come abbondante assunzione di cibo in contesti e situazioni particolari (cene con amici, matrimoni, festività, ecc), Non è considerata bulimia nemmeno il continuo "spiluccare" durante la giornata.
La caratteristica principale della bulimia è un circolo vizioso che nasce dalla intensa preoccupazione per il peso e le forme corporee, in soggetti che in soggetti che basano l'autovalutazione personale sulla magrezza, e che si sottopongono a diete molto rigide per ottenere il dimagrimento voluto. Seguire una dieta rigida in modo porta prima o poi inevitabilmente a compiere piccole trasgressioni, che vengono vissute come una irrimediabile perdita di controllo. Queste piccole trasgressioni diventano a poco a poco delle vere e proprie abbuffate, che in una prima fase della bulimia possono dare piacere perché allentano la tensione causata dalla dieta ferrea. Col tempo, tuttavia, determinano però emozioni negative (paura di ingrassare, senso di colpa, vergogna, disgusto) che a loro volta possono innescare nuove abbuffate: si instaura quindi quel circolo vizioso che è alla base della bulimia.


Diagnosi della bulimia

La diagnosi della bulimia è più complessa rispetto all'anoressia, in quanto manca, in genere, lo stato di sottopeso patologico che caratterizza la prima. Si tratta comunque di patologie che hanno molto in comune, soprattutto sotto il profilo psicologico: alla base vi è lo stesso desiderio di magrezza, ma il soggetto affetto da bulimia non tollera la disciplina ferrea necessaria a mantenere una alimentazione estremamente ridotta ed ha in genere un comportamento più impulsivo.
Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders un soggetto affetto da bulima deve avere le seguenti caratteristiche.
1) Abbuffate con frequenza almeno settimanale, in cui vengono consumati alimenti in quantità decisamente superiori a quelli che la maggior parte delle persone riescono a consumare in singoli pasti. Una abbuffata di solito si accompagna alla sgradevole sensazione di non riuscire più a fermarsi una volta che si è iniziato a mangiare.
2) Presenza di comportamenti rivolti a compensare le abbuffate e ad impedire il conseguente aumento di peso: tra queste il vomito autoindotto, l'abuso di farmaci lassativi e diuretici, l'attività fisica esagerata.
3) L' autostima e la fiducia in sé stessi sono legate esclusivamente all'aspetto fisico e al peso corporeo.
4) Assenza di una diagnosi preesistente di Anoressia Nervosa, e assenza di grave sottopeso (vedi diagnosi di Anoressia Nervosa).

Cura della bulimia

La bulimia è una malattia psicologica e come tale deve essere affrontata.
Con la terapia cognitivo-comportamentale della bulimia nervosa si cerca di modificare l’idea che il peso e le forme corporee costituiscono l’unico o il principale fattore con il quale misurare il proprio valore personale.
L’uso dei farmaci antidepressivi, in particolare quelli appartenenti alla categoria degli inibitori selettivi del ricaptazione della serotonina (SSRI), è importante, ma per certi aspetti controverso. Infatti, la terapia farmacologica consente una riduzione della frequenza delle abbuffate nel giro di qualche settimana, una riduzione equivalente nella frequenza del vomito e un miglioramento dell’umore e del senso di controllo sull'alimentazione, oltre a una diminuzione della preoccupazione per il cibo. Tuttavia, recenti ricerche indicano che in molti soggetti affetti da bulimia tali farmaci non hanno efficacia a lungo termine, poiché non riescono ad eliminare tutti i fattori che contribuiscono al mantenimento della bulimia nervosa, uno su tutti, la dieta ferrea. L'approccio migliore, dunque, è quello psicoterapeutico, eventualmente associato a farmaci antidepressivi. 

(FONTE: http://www.cibo360.it/)

Il buon cibo fa bella la vita



E' al top dopo affetti e lavoro

FOTO UFFICIO STAMPA

Il buon mangiare è uno dei fattori che più incidono di più sulla qualità della vita. In una ideale classifica, i nostri connazionali lo collocano addirittura al terzo posto, dopo gli affetti familiari e la sicurezza del lavoro. E quello che soprattutto importa, quando ci siede a tavola, è la garanzia di mettere nel piatto alimenti di buona qualità, addirittura preferita al gusto da tre connazionali su quattro.  
Sono questi i principali risultati della ricerca "italiani e qualità alimentare" realizzata da Nielsen e commissionata da McDonald’s Italia, che per rispondere alla crescente richiesta di maggiore sicurezza da parte  consumatori ha aderito quest’anno allo Standard Qualivita, che certifica la comunicazione di qualità del settore. 
 
Tra le principali evidenze emerse dallo studio spicca l'importanza che viene attribuita al fatto di mangiare bene, consumando alimenti di buona qualità, come indica l'87% degli intervistati. Ottengono punteggi superiori solo la sicurezza economica e la stabilità affetti familiari, a quota 92%, e il fatto di avere un lavoro sicuro e un buon equilibrio tra lavoro e affetti (31% delle risposte). Il fatto di mangiare bene batte, ad esempio l'importanza del tempo libero, la salvaguardia dell'ambiente, l'acquisto della casa e le vacanze. 
 
Per quanto riguarda il cibo, come abbiamo visto, tre italiani su quattro privilegiano la qualità di un alimento persino al suo gusto. Interrogati sugli elementi che fanno la contraddistinguono, gli intervistato associano in genere la qualità alla genuinità di un prodotto (64%), soprattutto se è garantita dal  rispetto dei disciplinari di sicurezza alimentare (per il 67% del campione). 
 
Dallo studio emerge anche che gli Italiani sono disposti a fidarsi delle aziende, almeno per quanto riguarda la qualità del cibo. In particolare hanno  più fiducia nelle aziende rispetto alle istituzioni (63% delle risposte vs. 37%). Il 70% degli intervistati pensa anche che, per aumentare la credibilità dei messaggi delle aziende alimentari, sia necessaria una nuova tipologia di certificazione che riguardi non solo il prodotto, ma anche la veridicità della comunicazione.
 
In particolare, i fattori che concorrono alla qualità di un alimento sono la sicurezza (91%), la buona conservazione (89%), il controllo (85%), le caratteristiche nutrizionali (84%), il rispetto dell’ambiente (84%), la comunicazione chiara (82%) e le proprietà organolettiche (81%),  
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Vacanze: c'è chi non "stacca" mai


Tre italiani su quattro in contatto con l'ufficio

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 Italiani forzati del lavoro o indefessi stakanovisti? Difficile a dirsi. Fatto sta che tre connazionali su quattro restano sempre in contatto con l'ufficio o con il posto di lavoro, anche quando sono sotto l'ombrellone  Tra i lavoratori europei, siamo i più disponibili a restare sempre reperibili e a rispondere alle eventuali chiamate del nostro capo anche quando ci troviamo in ferie.  
Come rivela un sondaggio realizzato per una ricerca internazionale da lastminute.com,  leader online nella prenotazione di viaggi e idee per il tempo libero, la media degli italiani sempre in contatto con il posto di lavoro è del 75% (77% nel caso degli uomini e 72% nel caso delle donne), con una vera impennata che tocca l'84% tra i giovani di età compresa fra i 25 e i 35 anni. Gli italiani condividono la palma di attaccamento al lavoro con gli irlandesi, seguiti da spagnoli (66%), norvegesi (63%) e danesi (58%). "Sono proprio gli italiani a detenere un primato tra gli europei: quello dei lavoratori più disponibili ad essere contattati dal capo durante le ferie",  sottolineano i ricercatori. 
 
Quali i motivi effettivi di tanto attaccamento al lavoro? La ragione principale è che in ufficio c'è sempre molto da fare e non si desidera che il lavoro si accumuli (37%), seguita dal fatto di essere sempre molto impegnati in lavori che vanno sbrigati in prima persona (32%) e dal senso di responsabilità (28%) che porta a rendersi sempre reperibili, anche durante le ferie. Pesa poco, invece, il timore di essere licenziati nel caso in cui si decida di spegnere il telefonino: una riguarda solo il 7% del campione. Al contrario, il 19% degli intervistati italiani confessa di non staccare completamente la spina durante le ferie semplicemente perché ama il proprio lavoro e non riesce a farne a meno.
 
Offrire la propria reperibilità è comunque un arma a doppio taglio: avere un datore di lavoro guastafeste, infatti, può rovinare l’atmosfera anche della migliore vacanza. Lo sa bene il 72% degli italiani che ha sperimentato direttamente le conseguenze della propria buona volontà ed è stato realmente chiamato.  
(PUBBLICAZIONE DI http://www.tgcom24.mediaset.it/)

A ciascuno la sua protezione



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Sotto il sole, come nella vita, la prima regola è "conosci te stesso". Insomma, la migliore arma a nostra disposizione per capire quali sono i corretti comportamenti che ci mettono al riparo da scottature e da guai anche peggiori, è imparare a conoscere la nostra pelle e le sue reazioni ai raggi Uv. Lo spiega Giuseppe Monfrecola, ordinario di Dermatologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell'Università di Napoli "Federico II". "Il rischio scottature è legato essenzialmente a due fattori: la genetica del soggetto e l'ambiente." 
Per capire quanto siamo resistenti al sole non è sufficiente che ci guardiamo allo specchio e constatiamo di che colore sono i nostri capelli e occhi. "Spesso si confonde il fenotipo (colore di pelle e capelli) con il fototipo, cioè con il tipo di reazione che ha la pelle al sole. – sottolinea Monfrecola - Per il fototipo, bisogna rispondere sostanzialmente a due interrogativi: quando stai al sole ti scotti facilmente e quanto? E ti abbronzi costantemente e quanto?" L'esperto prosegue spiegando che esiste solo un fenotipo che coincide con il fototipo ed è quello fotosensibile, che appartiene alle persone con pelle molto chiara, capelli rossi ed efelidi. Questi soggetti hanno bisogno sempre della massima protezione possibile. In tutti gli altri casi bisogna scegliere la protezione solare in base sia alla propria genetica, sia in riferimento alle condizioni in cui ci si esporrà al sole. Sottolinea l'esperto: "Una cosa è una passeggiata in riva al mare alle dieci di mattina, altra cosa è un'intera giornata in barca. In ogni caso un buon solare deve ridurre e, se possibile, contrastare o riparare i danni provocati dagli ultravioletti". 
 
Le scottature sono il frutto di esposizioni intense senza un'adeguata fotoprotezione. L'errore che viene commesso con maggiore frequenza è il fatto di non usare un prodotto protettivo per ottenere il massimo dell'abbronzatura in poco tempo. Eppure, proprio il "mordi e fuggi" è con il sole la strategia più pericolosa. "La pelle della maggior parte degli individui – spiega Monfrecola - è naturalmente predisposta per proteggersi dal sole. Se vivessimo tutto l'anno svestiti, svolgendo attività all'aperto, daremmo alla pelle la possibilità di prepararsi lentamente al sole in modo da arrivare 'pronta' ai mesi più caldi,  per dare poi alle cellule il tempo, in autunno e in inverno, di riparare i danni. Ma evidentemente non viviamo così". 
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 In pratica, restiamo coperti per tutto il tempo, poi di colpo ci svestiamo, ci mettiamo al sole e ne facciamo una scorpacciata. Una scottatura sembra un prezzo ragionevole da pagare per sfoggiare una tintarella che ci paia soddisfacente. In questo caso, però, la nostra pelle non ha il tempo di prepararsi all'attacco dei raggi solari: per questo una crema filtrante è indispensabile. E poi, con i filtri solari, sottolinea l'esperto, "comunque ci si abbronza lo stesso". 

Oggi sappiamo che l'effetto negativo dei raggi solari è duplice: non solo danneggiano le cellule, ma causano anche la cosiddetta "fotoimmunosoppressione". L'effetti cancerogeno degli ultravioletti è ben noto: attaccano le cellule della cute danneggiandone il DNA e le membrane. Le cellule danneggiate hanno la capacità di ripararsi o di autodistruggersi: in ogni caso, la loro corsa viene fermata dal sistema immunitario. la "fotoimmunosoppressione" impedisce poi al sistema immunitario di neutralizzare le cellule danneggiate dal sole.  Dunque, spiega il medico, "il prodotto solare ideale deve da una parte limitare la quantità di UV che impatta sulla cute e dall'altra aiutare il sistema". 
 
E' anche importante scegliere il solare in base al "veicolo" più adatto: una crema poco grassa per chi ad esempio soffre di acne, una crema consistente per chi ha pelle molto secca, una crema super-resistente per i bambini che stanno in acqua e giocano nella sabbia. Per gli uomini, che sono più villosi, il prodotto ideale è spray. "Per beneficiare della fotoprotezione – conclude Monfrecola - bisogna distribuire il prodotto fotoprotettivo in modo uniforme e non localizzato, e soprattutto riapplicarlo più volte". 
(PUBBLICATO DA: http://www.tgcom24.mediaset.it/)

domenica 1 luglio 2012

16.000 cervelli italiani negli Usa, cosa fa il governo dei prof?

di: INFORMAZIONE LIBERA


Barbara Minafra e Andrea Tedeschi

Sedicimila giovani ricercatori italiani se ne sono andati. In America, per poter mettere in pratica le idee che in Italia non possono sviluppare. Se ne parla da tanto, ma non si trova la soluzione. Ma ora, con al governo i professori che capiscono il valore della ricerca, la musica dovrebbe cambiare. È quello che spera Vito Campese, professore emigrato 37 anni fa e oggi a capo dell’ente che riunisce gli accademici italiani del Nord America. «Solo così l’Italia può ripartire», dice.

Come fa l’Italia a fare a meno di 16mila giovani ricercatori? Tanti sono i “cervelli” tricolori che hanno scelto gli Usa per specializzarsi e contribuire al progresso delle scienze con progetti d’eccellenza e avanguardia. Perché sono emigrati in Nordamerica invece di svilupparli da noi? La risposta sta nei numeri: gli Stati Uniti investono in ricerca 22 volte più dell’Italia.

Non è una novità il ritardo del nostro Paese ma le ragioni diventano evidenti quando si tocca con mano ciò che possono fare i nostri connazionali oltreoceano, dove la filosofia si riassume nella massima “Business is people”: il primo guadagno è investire nelle persone.

Vito M. Campese, professore della USC Keck School of Medicine, ha lasciato la Puglia 37 anni fa e oggi è il presidente di ISSNAF, l’associazione che riunisce ricercatori e accademici italiani del Nord America. Intervenuto nella serata conclusiva della rassegna che l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, in collaborazione con il Consolato generale, ha dedicato alla scienza italiana, ha sollecitato un cambio di rotta immediato da parte del governo Monti.

«In Italia ci sono contraddizioni notevoli. C’è un sacco di gente che fa ottima scienza ma ci sono anche tanti giovani che non trovano la possibilità di sviluppare le proprie idee o di contribuire al mondo scientifico in maniera sostanziale. Ecco perché molti prendono un aereo per il Nord America o il Nord Europa, dove effettivamente ci sono più possibilità di sviluppare i propri progetti», dice Campese. «Gli interventi da parte del governo fino ad ora sono stati insufficienti. Però devo dire che ora c’è una nuova volontà politica da parte dei ministri dell’Istruzione, della Sanità e degli Esteri. Ci sono tentativi seri di sviluppare la scienza in Italia in maniera sostanziale attraverso la creazione di ponti tra laboratori italiani e nordamericani. Io credo che la soluzione sia proprio questa: utilizzare i cosiddetti “cervelli fuggiti” per aiutare il sistema Italia a promuovere le scienze perché così si promuove lo sviluppo economico di una nazione».

Basti pensare a quanto sarebbero utili i progetti di tre giovani ricercatori che hanno lasciato Friuli, Veneto ed Emilia per gli Usa. Laura Perin del Saban Research Institute Children’s Hospital di Los Angeles e docente di Urologia della Keck School of Medicine della University of Southern California, sta lavorando a una terapia capace di combattere fibrosi e infiammazioni renali attraverso le cellule staminali.

Giovanni Pau, ricercatore del Dipartimento di Scienze informatiche della Ucla, ha ideato un sistema di misurazione, attraverso centraline mobili, dell’inquinamento atmosferico per ridurlo in tempo reale chiudendo al traffico parti delle città. Isabella Velicogna, della School of Physical Sciences della University of California di Irvine, monitora la Terra dallo spazio e insieme al suo staff ha scoperto, ad esempio, che tra il 2002 e il 2008 c’è stata una perdita d’acqua di ben 109 Km cubici.

«Conosco giovani italiani negli Usa che sono strabilianti, menti incredibili che sicuramente saranno i Dulbecco del futuro», continua il professore. «Certamente però, la nazione deve capire alcune cose: la prima è che si deve investire di più in ricerca. Si sente solo “tagliamo qua, tagliamo là”, però il Paese va indietro e non avanti se si taglia alla ricerca. Bisogna aumentare la spesa almeno di un decimo di punto di Pil all’anno per arrivare agli stessi livelli di finanziamento europei. Noi spendiamo lo 0,9% del Pil in ricerca, Stati Uniti e Giappone investono oltre il 3%, la media europea è 1,7%. Siamo indietro e bisogna investire di più. Se non si capisce che questo favorisce lo sviluppo economico dell’Italia non si va da nessuna parte».

Sul cambio di rotta, Campese è fiducioso. «Questo governo ha la consapevolezza dell’importanza della ricerca per l’economia italiana. C’è la volontà di fare molto di più in futuro di quello che si è fatto finora. Ho rapporti diretti con alcuni ministri e posso garantire che ho visto una grande sensibilità e una grande voglia di fare di più in questo settore critico per lo sviluppo del Paese».

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