venerdì 8 aprile 2011

L’Importanza dell’Acqua per il nostro Benessere


da (http://animeradianti.com/)
Spesso nella fretta della vita quotidiana ci lasciamo prendere più da uno o dall’altro aspetto lasciandone sempre fuori qualcuno e quindi finiamo per non guardare le cose da una giusta prospettiva o da un punto di vista olistico se vogliamo.
Il benessere e’ sempre a portata di mano se lo scegliamo e a volte bastano solo pochi semplici cambiamenti alla nostra ipnotica routine per poterlo ottenere. Si sa che le soluzioni più semplici e scontate spesso vengono scartate e sottovalutate, non ci si rassegna che le cose possano essere semplici come bere un bicchiere d’acqua!
Oggi voglio proprio parlare del potere dietro al semplice bere un bicchier d’acqua, dato che spesso non ci rendiamo conto quanto l’acqua e l’idratazione del corpo possano influire sul nostro umore, sul nostro benessere e sulla capacita di focalizzare bene i pensieri.
Ho scoperto ad esempio che alcuni sintomi di disidratazione possono essere: oltre che alla sete, fiacchezza, debolezza, astenia, vertigini, palpitazioni e ansia.
Iniziamo allora il nostro viaggio alla scoperta dell’acqua e per chi queste cose le sapesse già credo sarà piacevole e confortante ricordarle.
Vorrei riportarvi a proposito dell’importanza dell’acqua parti di un interessante articolo intitolato Idratazione e Disidratazione
La funzione dell’acqua per il corpo
L’acqua rappresenta il 40-65% del peso corporeo ed è il costituente principale del protoplasma intracellulare. Nell’acqua avvengono, dunque, tutte le reazioni dei processi metabolici cellulari (gli scambi tra cellule e sangue). Essa non solo è un elemento della costituzione del sangue e del tessuto connettivo, ma è anche coinvolta nei processi generali di omeostasi dell’organismo, dei liquidi circolanti e tissutali e della termoregolazione. Un’altra funzione essenziale dell’acqua nel nostro corpo è di essere il mezzo attraverso cui vengono eliminati i cataboliti, cioè i prodotti di rifiuto del nostro metabolismo, per via urinaria, rettale, gastrointestinale e termoregolatoria (polmoni e cute).
Eliminiamo giornalmente circa 150 cc di acqua attraverso le urine, da 500 a 3000 cc attraverso le feci, da 500 a 700 cc attraverso i polmoni, 200 cc con la traspirazione cutanea, per un totale di circa 4000 cc al giorno di perdita obbligata.
È dunque fondamentale il mantenimento di una composizione costante dei liquidi organici.
Un difetto di idratazione può essere evidenziato da diversi segni di disagio: cattiva digestione, gonfiore bevendo, ritenzione idrica, problemi intestinali in risposta all’assunzione d’acqua, stipsi, candidasi o disbiosi intestinali, pelle arida, poco elastica, irritabilità, stanchezza mentale e/o fisica, eccessiva sete, anche solo in particolari momenti del giorno e assente in altri. Anche il rifiuto a bere, o espressioni tipo: “Non ho mai sete“, oppure “L’acqua da sola non mi piace“, può essere un sintomo di cattiva distribuzione idrica nel corpo, spesso indotta da cattive abitudini nutrizionali. Imparando a bere, in realtà, l’organismo impara a sapere quando assumere acqua, senza dover arrivare al segnale limite della “sete”. Chi non ha mai voglia di acqua spesso ha accumulato un tale carico tossinico nell’organismo, che ottunde la sensibilità sui livelli di disidratazione. Talvolta, invece, il problema è a carico dei processi di informazione del biocomputer somatico: vi sono casi in cui non viene percepito il bisogno, casi in cui l’acqua non viene assimilata e altri in cui viene malamente distribuita.
Disidratazione e performance
In effetti, quando avvertiamo lo stimolo della sete, è segno che siamo già sotto stress e il corpo lancia i suoi segnali d’allarme. Quando siamo disidratati il sangue, che è formato per l’83% di acqua, diventa vischioso, rendendo difficoltosa la circolazione, soprattutto a livello cerebrale. L’immediata conseguenza è una diminuzione dell’ossigenazione cellulare, con effetti che tutti conoscono: anche in condizioni non di particolare stress fisico, si nota il rallentamento delle funzioni cerebrali a scapito di concentrazione e attenzione, oltre a un progressivo diffuso senso di anergia muscolare. A causa, infatti, della riduzione di ossigeno nel sangue, anche i muscoli tendono a contrarsi. A una riduzione del 4% di acqua nell’organismo, corrisponde, infatti, uno scadimento del 20-30% della prestazione. L’assunzione giornaliera di acqua, deve essere calcolata sulla base di 15-25 gr. per Kg. di peso corporeo, a seconda del contesto ambientale e climatico. Questa tuttavia è la quantità standard in condizioni fisiche ottimali e senza particolari attività fisiche o psichiche. In condizioni di stress o di attività fisica, bisogna aumentare la dose.
L’acqua deve essere pura, ossia non sono da considerare parte della dose giornaliera, bibite, tè, infusi o altro e biocompatibile (sul significato di biocompatibilità ci ritorneremo nel prossimo numero). Deve inoltre venir consumata a piccole dosi distribuite durante il corso della giornata e lontano dai pasti. Imparando a bere, l’organismo è in grado di percepire quando assumere acqua, senza dover arrivare al segnale limite della “sete” e tende automaticamente a evitare anche di bere durante i pasti, il che provocherebbe solo appesantimento della digestione, poiché già sufficientemente idratato in precedenza.
Le caratteristiche bio-compatibili dell’acqua
L’acqua è una fonte di nutrimento cellulare essenziale per l’organismo, poiché composto in massima parte d’acqua, nonché un fondamentale strumento di pulizia tossinica. Ne consegue che debbano essere valutate specifiche caratteristiche biochimiche delle acque, soprattutto quando il consumo giornaliero è nelle dosi suggerite nel numero precedente; questo per evitare, ovviamente, che elementi intrinseci a specifici tipi d’acqua non abbiano a loro volta un effetto inquinante per l’organismo. Talvolta il corpo non riesce a sfruttare i benefici dell’idratazione, non tanto a causa della quantità, quanto della qualità dell’acqua.
Anche le acque cosiddette “minerali”, infatti, non sono biocompatibili per il semplice fatto che i minerali in essa disciolti, poiché non metabolizzati precedentemente da sostanze vegetali, non possono essere assimilati dall’organismo umano e di conseguenza non fanno che sovraccaricare i reni nella loro funzione di filtro. I precipitati salini di un filtraggio sanguigno non ottimale a carico del rene contribuiscono ai processi di calcificazione dell’organismo. Per questa ragione non ha alcun senso assumere acqua “minerale” in ambito atletico per rimineralizzarsi e tantomeno darla ai bambini per aiutarli a crescere.
In ogni caso, se la biocompatibilità è ridotta, evidentemente, l’acqua non può essere assunta a dosi significative per ottimizzare il processo d’idratazione. Bisogna infine ricordarsi che una corretta idratazione prevede il ricambio idrico, perciò sono favorevoli le acque ipotoniche per il loro effetto diuretico. Più forte è l’ipotonicità e più la diuresi è favorita non solo a livello vescicale (riduzione di fenomeni flogistici a carico delle vie urinarie), ma anche per la relativa prevenzione della calcolosi renale grazie a una minimizzazione dei precipitati salini (effetto catalitico).
In tutto il territorio nazionale che pure è assai ricco di fonti acquifere, le acque biocompatibili si riducono ad una decina di tipi, per la maggior parte non reperibili nei comuni circuiti commerciali di massa, ma solo in ambiti selezionati di mercato: negozi d’alimenti biologici o vendita diretta a domicilio. I parametri chimici di biocompatibilità che accomunano questa serie minima d’acque si possono ridurre principalmente a:
RESIDUO FISSO a 180°: < 50 mg (tendenzialmente leggera) PH: da 6 a 6,8 (tendenzialmente acida) Assenza di nitriti, fosfati, ammoniaca (tendenzialmente pura) Ipotonica, ma più genericamente oligominerale o “minimamente mineralizzata” (denominazione ministeriale)
L’acqua deve essere oligominerale, tendenzialmente pura (un’acqua totalmente pura come l’acqua distillata è intollerabile per l’organismo se non a piccolissime dosi) e tendenzialmente acida. Un’altra possibilità di ottenere una corretta idratazione sfruttando l’acqua domestica è quella di purificarla mediante appositi sistemi ad osmosi inversa.
Aumentare il consumo di acqua
Il consiglio di fondo è quindi quello di aumentare il consumo di acqua e di migliorarne la qualità, utilizzando acque con particolari caratteristiche di biocompatibilità, al fine di favorire l’organismo nel liberarsi dalle sostanze tossiche senza essere sovraccaricato dall’acqua stessa. Tuttavia non è frequente né l’abitudine a bere significative quantità di acqua fuori pasto, né l’attenzione alla qualità stessa dell’acqua. Vi sono persone che lamentano di non tollerare l’acqua bevuta fuori pasto, di trovarla pesante, poco digeribile, di non avere mai lo stimolo della sete e alle volte avvertono un vero e proprio rifiuto a bere. Quando lo stimolo della sete si fa sentire, in realtà è ormai troppo tardi poichè il corpo è già in fase di allarme, siamo ormai già disidratati. Vi sono anche sportivi che rispetto al grande dispendio idrico dovuto all’attività fisica, non riescono comunque a bere una quantità di acqua sufficiente per colmare la carenza.
La sensibilità alla necessità del corpo di mantenere una giusta idratazione non corrisponde all’arsura o alla sete, come quella per esempio, che subentra dopo uno stato di eccessiva sudorazione o sovraffaticamento fisico che ha bruciato le riserve. La sensibilità all’acqua è un’esperienza fisiologica del corpo: quando viene a mancare è perché sono subentrati meccanismi di desensibilizzazione e si rende necessario un lento lavoro di recupero.
E’ fondamentale bere con moderazione e poco alla volta poichè il tempo di assorbimento dell’acqua da parte dell’intestino è di circa 25 ml al minuto. Questo significa che non ha senso bere mezzo litro d’acqua, o poco meno, tutto in una volta perché quello che otterremmo è solo una fastidiosissima dilatazione dello stomaco. E’ vero che più lo stomaco è dilatato e più velocemente l’acqua defluisce nell’intestino, ma visti i tempi di assorbimento, tanto vale razionarla bevendo poco e spesso. Un’idea potrebbe essere quella di bere un bicchiere d’acqua ogni ora: è un modo per prendere un impegno con se stessi, un vero e proprio “appuntamento” con la salute.
Questo potrebbe aiutare a riattivare l’abitudine a bere acqua e una volta ristabilito l’equilibrio idrico del corpo, bere acqua, diventerà un’esigenza naturale.
L’errata abitudine del bere si nota in persone che quotidianamente bevono i loro due litri di acqua solo nelle ore notturne e durante il giorno “non hanno mai sete”. Altre giustificazioni che adducono sono: di non aver mai tempo, di dimenticarsene o di trovare l’acqua pesante da digerire. Altre persone invece il litro e mezzo giornaliero lo bevono durante i due pasti principali: questa è comunque un’abitudine errata poichè l’acqua in questo caso va a diluire i succhi gastrici secreti dallo Stomaco per l’attività digestiva. Ne deriva un rallentamento del processo digestivo, un appesantimento della funzionalità digestiva stessa con fenomeni di gonfiore addominale che si potranno evitare bevendo l’acqua tra un pasto e l’altro.
Nel caso in cui l’acqua però dovesse dare la fastidiosa sensazione di pesantezza digestiva, possiamo consigliare di assumerla o con un’aggiunta di succo di limone, o con l’aggiunta di un cucchiaio di aceto di mele biologico per litro d’acqua. Questi due alimenti acidificano leggermente l’acqua, rendendola così più simile all’ambiente acido dello stomaco, e quindi più digeribile. L’obiettivo è quindi quello di riattivare il processo d’idratazione dell’organismo e per facilitare ciò, non dobbiamo dimenticare quanto sia importante stimolare la funzionalità degli organi emuntori del nostro corpo. La loro proprietà è quella di canalizzare ed espellere dal corpo le sostanze tossiche derivate da errori alimentari, dall’inquinamento dell’ambiente e degli alimenti stessi, dai farmaci, dallo stress, dai ritmi biologici alterati, ecc..”


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