mercoledì 2 novembre 2011

Gli amici? Ci fermiamo a 150


Ma se ci innamoriamo ne perdiamo molti

FOTO DAL WEB
Innamorarsi è il culmine della felicità, ma nasconde un suo prezzo: ad esempio, con l'acquisto di una dolce metà perderemo almeno un amico e rovineremo i  buoni rapporti con almeno un familiare. E non sarà colpa del carattere possessivo del nostro innamorato, ma del modo in cui "funzionano" nel nostro cervello le dinamiche sociali dei rapporti amorosi e di amicizia.  
Lo ha spiegato in una lezione all'università Bicocca di Milano, Robin Dunbar, professore di Antropologia evolutiva all'università di Oxford, conosciuto soprattutto per la sua teoria secondo cui non si possono avere più di 150 amici, anche su Facebook.  ''Quando si inizia una storia d'amore - spiega - si perde almeno un amico e un parente. Solo che il familiare con il tempo ti perdona e lo recuperi, mentre l'amico no, lo perdi per sempre. E la causa non sta in un aut-aut del nuovo partner, ma nel fatto che si ha molto meno tempo da dedicare all'amico''.
 
Dunbar ha spiegato che il nostro cervello è in grado di gestire fino ad un massimo di 150 amici, o meglio, ''150 tipi di relazioni - continua - Gli amici più stretti infatti sono solo 5, poi c'è un nucleo un po' più largo di 15 con cui si ha una relazione importante ma meno intensa. Centocinquanta è il numero limite che ci permette di essere altruisti e provare un senso di obbligazione verso gli altri. Ecco anche perché ai matrimoni è comune che si invitino 150 persone''.
 
I rapporti di amicizia però tendono ad essere più fragili: con il tempo si possono guastare gradualmente fino a perdersi anche del tutto. Quelli con i familiari sono più stabili e duraturi, ma anche questi ''possono terminare in modo drammatico con rotture decennali''. I cinque punti di forza che trasformano un amico in un  "buon amico" sono cinque  caratteristiche, che condividiamo con loro: "Cioé l'avere gli stessi interessi - spiega Dunbar -, gli stessi tratti di personalità, il fatto di provenire dalla stessa città, parlare la stessa lingua o dialetto, avere un'istruzione simile e soprattutto avere un senso dello humour simile''. 
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