mercoledì 11 luglio 2012

A ciascuno la sua protezione



FOTO GETTY
Sotto il sole, come nella vita, la prima regola è "conosci te stesso". Insomma, la migliore arma a nostra disposizione per capire quali sono i corretti comportamenti che ci mettono al riparo da scottature e da guai anche peggiori, è imparare a conoscere la nostra pelle e le sue reazioni ai raggi Uv. Lo spiega Giuseppe Monfrecola, ordinario di Dermatologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell'Università di Napoli "Federico II". "Il rischio scottature è legato essenzialmente a due fattori: la genetica del soggetto e l'ambiente." 
Per capire quanto siamo resistenti al sole non è sufficiente che ci guardiamo allo specchio e constatiamo di che colore sono i nostri capelli e occhi. "Spesso si confonde il fenotipo (colore di pelle e capelli) con il fototipo, cioè con il tipo di reazione che ha la pelle al sole. – sottolinea Monfrecola - Per il fototipo, bisogna rispondere sostanzialmente a due interrogativi: quando stai al sole ti scotti facilmente e quanto? E ti abbronzi costantemente e quanto?" L'esperto prosegue spiegando che esiste solo un fenotipo che coincide con il fototipo ed è quello fotosensibile, che appartiene alle persone con pelle molto chiara, capelli rossi ed efelidi. Questi soggetti hanno bisogno sempre della massima protezione possibile. In tutti gli altri casi bisogna scegliere la protezione solare in base sia alla propria genetica, sia in riferimento alle condizioni in cui ci si esporrà al sole. Sottolinea l'esperto: "Una cosa è una passeggiata in riva al mare alle dieci di mattina, altra cosa è un'intera giornata in barca. In ogni caso un buon solare deve ridurre e, se possibile, contrastare o riparare i danni provocati dagli ultravioletti". 
 
Le scottature sono il frutto di esposizioni intense senza un'adeguata fotoprotezione. L'errore che viene commesso con maggiore frequenza è il fatto di non usare un prodotto protettivo per ottenere il massimo dell'abbronzatura in poco tempo. Eppure, proprio il "mordi e fuggi" è con il sole la strategia più pericolosa. "La pelle della maggior parte degli individui – spiega Monfrecola - è naturalmente predisposta per proteggersi dal sole. Se vivessimo tutto l'anno svestiti, svolgendo attività all'aperto, daremmo alla pelle la possibilità di prepararsi lentamente al sole in modo da arrivare 'pronta' ai mesi più caldi,  per dare poi alle cellule il tempo, in autunno e in inverno, di riparare i danni. Ma evidentemente non viviamo così". 
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 In pratica, restiamo coperti per tutto il tempo, poi di colpo ci svestiamo, ci mettiamo al sole e ne facciamo una scorpacciata. Una scottatura sembra un prezzo ragionevole da pagare per sfoggiare una tintarella che ci paia soddisfacente. In questo caso, però, la nostra pelle non ha il tempo di prepararsi all'attacco dei raggi solari: per questo una crema filtrante è indispensabile. E poi, con i filtri solari, sottolinea l'esperto, "comunque ci si abbronza lo stesso". 

Oggi sappiamo che l'effetto negativo dei raggi solari è duplice: non solo danneggiano le cellule, ma causano anche la cosiddetta "fotoimmunosoppressione". L'effetti cancerogeno degli ultravioletti è ben noto: attaccano le cellule della cute danneggiandone il DNA e le membrane. Le cellule danneggiate hanno la capacità di ripararsi o di autodistruggersi: in ogni caso, la loro corsa viene fermata dal sistema immunitario. la "fotoimmunosoppressione" impedisce poi al sistema immunitario di neutralizzare le cellule danneggiate dal sole.  Dunque, spiega il medico, "il prodotto solare ideale deve da una parte limitare la quantità di UV che impatta sulla cute e dall'altra aiutare il sistema". 
 
E' anche importante scegliere il solare in base al "veicolo" più adatto: una crema poco grassa per chi ad esempio soffre di acne, una crema consistente per chi ha pelle molto secca, una crema super-resistente per i bambini che stanno in acqua e giocano nella sabbia. Per gli uomini, che sono più villosi, il prodotto ideale è spray. "Per beneficiare della fotoprotezione – conclude Monfrecola - bisogna distribuire il prodotto fotoprotettivo in modo uniforme e non localizzato, e soprattutto riapplicarlo più volte". 
(PUBBLICATO DA: http://www.tgcom24.mediaset.it/)

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